Già utilizzato in aromaterapia per migliorare l’umore e i sintomi dello stress, potrà essere usato in futuro nei casi di disturbi comportamentali della demenza e di dolore cronico: i risultati degli studi preclinici e di quelli clinici, in corso di svolgimento, aprono a nuove prospettive per l’impiego sull’uomo.
L’olio essenziale di bergamotto, già noto in aromaterapia per la capacità di agire sull’umore e migliorare i sintomi da stress, potrebbe essere impiegato in futuro per trattare gli stati d’agitazione nei pazienti con demenza e il dolore cronico. A dirlo sono i promettenti risultati di uno studio Unical sulle proprietà analgesiche dell’olio essenziale di Bergamotto. Uno studio che è riuscito a superare i limiti fin qui riscontrati dalla ricerca in ambito di aromaterapia, arrivando alla fase di sperimentazione clinica, ed è stato premiato con un importante finanziamento erogato all’interno del Por Calabria.
La ricerca in aromaterapia
L’aromaterapia è una forma specializzata di fitoterapia che utilizza oli essenziali in varie situazioni patologiche. Sebbene ampiamente impiegati in tutto il mondo, similmente ai farmaci, anche gli oli essenziali devono essere sottoposti a studi clinici per provarne l’efficacia e la sicurezza prima dell’utilizzo in terapia.
Allo stato attuale, purtroppo, tutte le sperimentazioni cliniche in aromaterapia soffrono di alcuni punti di debolezza che ne limitano l’uso razionale. Una delle principali difficoltà nella conduzione di questi studi è legata al forte aroma degli oli essenziali, che ostacola un adeguato mascheramento della loro somministrazione. È pertanto difficile applicare il principio del “doppio cieco”, secondo il quale né il paziente né il medico sono a conoscenza della sostanza somministrata, fondamentale per la qualità dei risultati perché permette una valutazione oggettiva dell’efficacia dell’intervento.
La ricerca Unical sull’olio essenziale di bergamotto
Nell’ultimo quindicennio l’impegno del gruppo di ricerca internazionale guidato dal professor Giacinto Bagetta dell’Unical, in collaborazione con il professor Sakurada (Tohoku Medical and Pharmaceutical University, Sendai) ha accumulato robuste evidenze a favore di un’importante efficacia analgesica dell’olio essenziale di Bergamotto (BEO) in studi preclinici, che hanno portato a proporre il suo uso in clinica. Pertanto, per il bergamotto sono state accumulate evidenze sperimentali mai raccolte prima per alcuno degli oli essenziali, ponendolo in una posizione di vantaggio per il trasferimento in clinica. Le evidenze precliniche su cui si basa l’uso del BEO sono generate da studi neurofarmacologici e neurochimici; in quest’ultimo ambito, per esempio, i risultati sono stati ottenuti sia in esperimenti controllati di microdialisi condotti su animali sia su parti di cellule nervose isolate.
In questi modelli sperimentali preclinici il BEO privo di psoraleni (per esempio, bergaptene, per evitarne l’unico effetto collaterale documentabile che è la fototossicità), somministrato in vivo o in sistemi sinaptosomiali in vitro è in grado di modulare il rilascio di molecole implicate nella trasmissione nervosa, come alcuni aminoacidi tra cui il glutammato, come dimostrato dai colleghi Morrone (Unical) e Bonanno (Unige). L’effetto sulla neurotrasmissione del glutammato può risultare molto interessante in considerazione del ruolo benefico svolto da questa molecola nel dolore e nel comportamento. Inoltre, alla base degli effetti del BEO vi possono essere anche altre attività, come la regolazione delle funzioni della serotonina, un altro neurotrasmettitore importante per varie funzioni biologiche, e degli oppioidi endogeni, come ampiamente dimostrato farmacologicamente in studi comportamentali dalla collega Rombolà (Unical) e dal professor Sakurada (Sendai). Un indiscutibile vantaggio è la documentata assenza di effetti collaterali e di sedazione che accompagna spesso l’effetto analgesico ed è causa di incoordinazione motoria e cadute accidentali, confusione mentale e disturbi del comportamento. Inoltre, l’olio essenziale di bergamotto produce analgesia anche nei modelli di dolore infiammatorio e migliora l’effetto analgesico della morfina, principio attivo derivato dall’oppio. Di conseguenza, i dati preclinici forniscono una solida base razionale per il trasferimento dell’uso del BEO in differenti situazioni cliniche in cui il dolore ha un ruolo rilevante.
Nasce il NanoBEO
Per superare i limiti intrinseci alla natura degli oli essenziali, cioè quella di liberare l’aroma e quindi non poter condurre studi clinici in doppio cieco, il BEO è stato incapsulato in nanoparticelle solide lipidiche, dalle colleghe Roberta Cassano e Sonia Trombino, tecnologhe del Dipartimento di Farmacia e Scienze della Salute e della Nutrizione. Così si è ottenuto un sistema di veicolazione – il NanoBEO – nella forma farmaceutica di una crema per applicazione transdermica, che supera i problemi dei bias indicati sopra ed anche legati alla difficoltà della somministrazione cronica per via iniettiva.
Inoltre, il NanoBEO presenta anche altri vantaggi: veicola quantità note del fitocomplesso, in particolare per il contenuto in limonene, linalolo e linalil acetato; protegge i componenti principali dall’instabilità chimico-fisica; intrappola l’odore fornendo una formulazione che ne è priva, caratteristica utile per non svelarne l’identità durante gli studi clinici (doppio cieco di cui sopra). L’invenzione del NanoBEO è stata recentemente brevettata in Italia con estensione internazionale e ciò consente di testare efficacemente il BEO in studi clinici, per la terapia del dolore acuto e cronico ed il prurito. La dottoressa Damiana Scuteri (Unical) ha già disegnato un protocollo di farmacologia clinica per valutare gli effetti del BEO sull’uomo e che è stato registrato presso il repository dell’FDA, il trial permetterà di valutare l’efficacia del NanoBEO nel trattamento dell’agitazione nei pazienti con demenza severa.
Quest’ultima condizione, nota anche come disturbo psicologico e comportamentale della demenza (BPSD), è particolarmente resistente ai trattamenti ed è determinata, almeno in parte, dalla concomitante presenza di dolore cronico nei soggetti affetti da demenza in quanto pazienti anziani e portatori di comorbidità come artrosi, diabete, e neuropatie periferiche fortemente caratterizzate dalla sintomatologia dolorosa cronica. Pertanto, si tratta di un ambito clinico-terapeutico di grande interesse perché, allo stato attuale, è praticamente privo di terapia specifica e gravato da grande inappropriatezza terapeutica dove, infatti, la prescrizione di lungo termine di farmaci come i neurolettici (classici e atipici) raddoppia il rischio di morte di questi pazienti fragili. Il grado di avanzamento delle ricerche in questo campo fa ben sperare che presto questi pazienti potranno giovarsi dei benefici effetti del NanoBEO sui BPSD e sul dolore in attesa che la ricerca farmacologica dia presto i suoi frutti con farmaci innovativi capaci di modificare il decorso della malattia principale.
Il riconoscimento dell’importanza di queste ricerche è valso un importante finanziamento per la prototipizzazione clinica ed ulteriore sviluppo del NanoBEO in collaborazione con l’Istituto Sant’Anna di Crotone. Il finanziamento è attribuito nell’ambito del POR Calabria 2014-2020 – Azione 1.1.5 – “Sostegno all’avanzamento tecnologico delle imprese attraverso il finanziamento di linee pilota e azioni di validazione precoce di prodotti e di dimostrazione su larga scala”. La ricerca e sviluppo del NanoBEO è anche al centro di una intensa attività di scouting industriale, avendo già partecipato alla Borsa della Ricerca di Salerno (4-6 ottobre 2022) e attualmente in via di presentazione alla StartCup Calabria nel prossimo mese di novembre ed in fase di valutazione come proposta di attivazione di uno spin off con ragione sociale più ampia.
All’Unical il congresso internazionale “Dementia Therapeutics and Cognitive Rehabilitation”
Della traslazione del NanoBEO nella clinica della demenza per la terapia dei BPSD si è parlato nel corso del Congresso nazionale della SINdem, associazione per lo studio delle demenze costituita all’interno della Società Italiana di Neurologia, tenutosi a Firenze dal 13 al 15 ottobre 2022. Di questo tema si parlerà ampiamente anche in occasione del congresso internazionale “Dementia Therapeutics and Cognitive Rehabilitation” che si terrà all’Università della Calabria dal 21 al 23 novembre 2022. Si tratta di un evento scientifico organizzato dal professor Giacinto Bagetta e nato dalla collaborazione con importanti istituzioni nazionali ed internazionali sia universitarie (Università Magna Graecia, Tohoku medical and pharmaceutical University di Sendai, Daijchi Pharmaceutical University, Fukuoka) che di ricerca (Istituto Sant’Anna, Crotone; DZNE, Bonn) e che vede, tra gli altri, la partecipazione di esperti del settore come Linda Clare (UK), Pierluigi Nicotera (Germania), Stefano Cappa (Italia), Monica Di Luca (Italia), Tsukasa Sakurada (Fukuoka), Dafin Muresanu (Romania), Sabatino Maione (Italia), Matilde Leonardi (Italia). Il congresso è sponsorizzato dalla Società Italiana di Farmacologia (SIF), dalla consorella Giapponese (JSP) e dalla Società Italiana di Riabilitazione Neurologica (SIRN) oltre che dalla Federazione Mondiale delle Società di Riabilitazione Neurologica (WFNRS).
(Fonte Dipartimento di Farmacia e Scienze della Salute e della Nutrizione)