“Quando il vino racconta il territorio”. Lo slogan che campeggia sulla homepage del sito di ‘Spadafora 1915’ rispecchia l’essenza più profonda dell’Azienda vitivinicola del Savuto cosentino, che proprio sul legame tra il vino e il territorio fonda la sua stessa ragion d’essere. «Ogni etichetta deve avere una precisa identità», ripete spesso il titolare, Ippolito Spadafora, terza generazione della famiglia che ha fondato e possiede la cantina dal 1915, a voler rimarcare l’importanza delle radici, della terra, del vissuto e delle peculiarità della zona in cui ciascun vino nasce, capace già per questo di suscitare emozioni che vanno oltre la sola degustazione.
E’ proprio all’interno di questa visione che nasce l’idea di creare un vino dedicato alle donne, e non solo per solleticarne il palato.
«E’ il “Rosaspina”, un vino a cui siamo molto legati affettivamente e che ci dà grande soddisfazione, non economica ma morale», spiega Spadafora. «Si tratta, infatti, di un’etichetta che ha una componente solidale, attraverso cui sosteniamo le attività di “Una mano sul cuore”, associazione no profit che si occupa di prevenzione dalle malattie oncologiche femminili. Un vino fortemente voluto da mia moglie Manuela».
Un impegno concreto sul piano sociale, dunque, che rende merito all’Azienda di Donnici. La quale, al Vinitaly appena concluso, ha voluto puntare proprio sul Rosaspina per raccontare al meglio ciò che produce. «È prodotto esclusivamente con uve Greco Nero e affinato per tre mesi in barrique. Dal sapore delicato e fresco, si presenta con un colore rosa cipria tenue. Il suo profumo offre un bouquet floreale intenso e persistente, arricchito da note agrumate. Abbiamo inoltre optato per una elegante bottiglia satinata, rinnovando l’immagine per l’ultima vendemmia. Questa scelta riflette il nostro desiderio di fare di questo prodotto un punto di riferimento per noi e per chi sceglie Spadafora».
Una bella ventata di novità, dunque, per la cantina guidata da Ippolito Spadafora, che continua a muoversi nel solco della ricerca e dell’innovazione anche su altri fronti. Per esempio su quello della birra.
«Abbiamo avviato poco tempo fa una bella collaborazione con un birrificio della zona tirrenica cosentina, ‘Birra Cala’, che produce una linea di cinque birre, una per ogni provincia calabrese, con il mosto d’uva – racconta Spadafora – Una delle birre è realizzata proprio con il mosto delle nostre uve Pecorello. L’idea di questa collaborazione è partita da noi: abbiamo proposto a Birra Cala di unire le forze per sviluppare un prodotto unico e speciale, che si adattasse alle esigenze del mercato attuale».
Una collaborazione che ha certamente destato molta curiosità tra gli stand del padiglione 12 del Vinitaly dedicato alla Calabria, dove in tanti hanno voluto assaggiare questa nuova bevanda che mette insieme il know how e l’intuito imprenditoriale di due giovani produttori calabresi.
«Usare il mosto dal punto di vista produttivo – spiega Spadafora – non è semplice, perché va stabilizzato prima che fermenti, dunque la temperatura va tenuta bassa per evitare appunto che i lieviti inizino la loro attività e, per queste ragioni, questo tipo di birra ha una produzione limitata, sia quantitativamente che rispetto all’arco temporale in cui la si può produrre, ovvero a ridosso della vendemmia. Dovremo quindi aspettare l’anno successivo per un nuovo assaggio, tuttavia, questo debutto si è rivelato non solo significativo per entrambe le aziende, ma ha anche rafforzato una sinergia tra produttori che – come evidenzia con palpabile soddisfazione – costituisce la chiave della crescita non soltanto nel comparto vitivinicolo, ma per l’intera regione Calabria. L’esperienza di questa edizione del Vinitaly ha chiaramente evidenziato questa visione».